02/01/14

L'Europa sta lentamente sopprimendo per asfissia la democrazia nazionale

Segnalato potentemente su Twitterun bellissimo articolo del Telegraph richiama un importante studio della scienza politica sull'involuzione letale della democrazia nelle istituzioni UE, che dovrebbe fare da testo base per tutti gli europeisti euroscettici (e dovrebbe far svegliare di soprassalto la sinistra).

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di Peter Oborne - Le decisioni che riguardano la vita degli elettori sono prese da burocrati e da "tecnici" non eletti.


Ogni tanto capita di imbattersi in un libro, una poesia o un'opera d'arte che è così originale, così perfettamente realizzata, così accurata e vera che non ce la si può togliere dalla testa. Bisogna leggerla e rileggerla molte volte per inserirla nel contesto e capire veramente cosa significa.


Nel corso dei miei vent'anni da giornalista politico la più potente esperienza di questo tipo mi è arrivata quando un amico attirò la mia attenzione su un articolo di 20 pagine in un'oscura rivista accademica.

Scritto dagli scienziati politici Richard Katz e Peter Mair, e intitolato The Emergence of a Cartel Party”, ha immediatamente dato una spiegazione a quasi tutto quello che mi aveva lasciato perplesso durante la mia carriera di corrispondente parlamentare: la malsana somiglianza tra partiti apparentemente rivali; la corruzione e le tangenti diventate endemiche nella politica moderna; l'emergere di una élite politica piena di disprezzo e ostilità verso gli ordinari elettori. Il mio libro, The Triumph of the Political Class, è stato per certi aspetti un tentativo di divulgare il saggio di Katz e Mair.


Diversi mesi fa sono rimasto scioccato e rattristato d
all'apprendere che Peter Mair (che non ho mai incontrato) era morto improvvisamente, mentre era in vacanza con la sua famiglia nella sua nativa Irlanda, all'età di soli 60 anni. Tuttavia, il suo amico Francis Mulhern è riuscito a dare alle stampe il libro a cui Mair stava lavorando al momento della sua morte. Si chiama Ruling the Void: The Hollowing of Western Democracy. A mio parere, è altrettanto brillante del saggio precedente.


Il paragrafo di apertura è audace, potente, e definisce splendidamente la tesi
dell'opera: "L'età della democrazia dei partiti è tramontata. Anche se i partiti in sé restano, sono diventati così scollegati dalla società, e perseguono una forma di concorrenza tra loro così priva di senso, che non sembrano più in grado di sostenere la democrazia nella sua forma attuale."



La prima parte del nuovo libro di Mair si concentra su questa crisi della democrazia dei partiti. Egli segue il forte calo dell'affluenza alle elezioni, il crollo del tesseramento ai partiti (i Tories sono crollati dai tre milioni degli anni Cinquanta ai quasi 100.000 di oggi, un calo del 97 per cento) e il decadimento della partecipazione civica. Mair mostra che questa è una tendenza europea. In tutto il continente i partiti si sono rivoltati contro la loro base. I leader politici non rappresentano più la gente comune, ma stanno diventando, in effetti, gli emissari del governo centrale.


Tutto questo è di
un'importanza eccezionale, ed è centrale nel pressante dibattito contemporaneo sulla disaffezione degli elettori. Tuttavia, voglio concentrarmi sulla seconda parte del libro di Mair, perché qui il professore considera il ruolo svolto dall'Unione europea nel minare e scavalcare la democrazia nazionale.



Si inizia con un paradosso storico. Il crollo dell'Unione Sovietica nel 1990 era in teoria il momento migliore per la democrazia occidentale. Ma è stato anche il momento in cui essa ha iniziato a fallire. Mair sostiene che le élite politiche hanno trasformato l'Europa in "una zona protetta, al sicuro dalle richieste degli elettori e dei loro rappresentanti".


Quest
o direttorio politico europeo prende le sue decisioni lontano dai parlamenti nazionali. Praticamente su tutto quello che conta, dall'economia all'immigrazione, le decisioni vengono prese altrove. Il professor Mair sostiene che molti politici hanno incoraggiato questa tendenza, perché volevano "spogliarsi dalla responsabilità di decisioni politiche potenzialmente impopolari e così proteggersi contro il possibile malcontento degli elettori". Ciò significa che le decisioni che incidono profondamente sulla vita degli elettori
ora sono  prese da anonimi burocrati irresponsabili piuttosto che da politici responsabili verso i loro elettori.


Anche se
il motivo può essere comprensibile, l'effetto è stato maligno, facendo apparire i politici come impotenti o codardi, e gettando discredito sulla politica. In Gran Bretagna, per esempio, David Cameron non può fare praticamente nulla per scongiurare l'immigrazione bulgara o romena. I primi ministri di Grecia, Portogallo e Spagna sono ora a tutti gli effetti dei direttori di filiale della Banca centrale europea e di Goldman Sachs. Con un odioso paradosso, l'Unione europea, fondata nel dopoguerra per evitare un ritorno al fascismo, si è
da allora trasformata in un modo per evitare la democrazia stessa.



Con una devastante analogia, Mair evoca Alexis de Tocqueville, il pensatore francese del 19° secolo che è spesso considerato come il più grande teorico della democrazia moderna. Tocqueville osservò che l'aristocrazia francese pre-rivoluzionaria cadde nell'onta perché pretendeva dei privilegi sulla base di funzioni che non era più in grado di soddisfare. La classe politica europea del 21° secolo, dice Mair, si trova nella stessa identica posizione.



Per riassumere, le élite europee sono arrivate molto vicine all'abolizione di ciò che siamo stati educati a considerare come la politica, e l'hanno sostituita con regole imposte da burocrati, banchieri e vari tipi di tecnici non eletti. Finora l'hanno fatta franca. Le elezioni di maggio per il Parlamento europeo saranno l'appassionante banco di prova per capire se possono ancora farcela.



L' Unione europea sostiene di essere tranquilla su queste elezioni. Un rapporto del mese scorso di due membri del Jacques Delors Institute ha concluso che "l'incremento numerico delle forze populiste non avrà particolare incidenza sul funzionamento del [Parlamento europeo], che rimarrà in gran parte basato sui compromessi raggiunti tra i gruppi politici dominanti. I quali riflettono la posizione della stragrande maggioranza dei cittadini europei".


Chissà. In Francia, i sondaggi suggeriscono che il Front National, che equipara gli immigrati clandestini alle "bande della criminali organizzata", otterrà più voti dei partiti tradizionali. Il Front National ha unito le forze con il partito olandese fortemente anti-islamico Geert Wilders, che promette di rivendicare il ritorno "al controllo dei nostri confini, dei nostri soldi, della nostra economia, della nostra moneta ". In Gran Bretagna è probabile che a maggio vincerà l'Ukip. Partiti anti-europei sono in crescita in Danimarca, Austria, Grecia e Polonia.



Questi partiti anti-europei tendono ad essere di destra, e spesso di estrema destra. Per ragioni che sono difficili da capire, la sinistra continua con entusiasmo a sostenere l'Unione europea, anche se sta perseguendo politiche che fanno crollare il tenore di vita e distruggono l'occupazione, le imprese e in effetti (nel caso di Grecia e Spagna) le intere economie. In Gran Bretagna, per esempio, Ed Miliband è un ardente sostenitore del progetto europeo e rifiuta persino di concepire l'idea di un referendum.


Come Miliband, Peter Mair proviene da sinistra. Era un irlandese che ha trascorso la maggior parte della sua vita professionale lavorando in università europee, in Italia, nei Paesi Bassi o in Irlanda. E tuttavia egli ha scritto
quello che è di gran lunga il più potente, colto e convincente trattato anti-UE che mi sia mai capitato di leggere. Esso dimostra che è impossibile essere democratici e sostenere l'esistenza dell'Unione europea nello stesso tempo.


Il suo capolavoro postumo merita di diventare un testo base per
gli euroscettici, non solo in Gran Bretagna, ma in tutto il continente. Sarebbe importante che lo diventasse. La battaglia per rivendicare la democrazia parlamentare non dovrebbe appartenere alla destra (e talvolta ai fascisti). La sinistra e la destra possono essere in disaccordo – ed è giusto così - su molte grandi questioni. Ma sicuramente entrambe le parti della divisione ideologica possono trovarsi d'accordo sul fatto che vale ancora la pena di lottare per la democrazia, e che l'Unione Europea è diventata il nemico comune .



4 commenti:

  1. E a proposito del banco di prova delle elezioni di maggio, segnalo l'ultimo sondaggio di scenarieconomici.it da cui risulta un'avanzata anche in Italia dell'euroscetticismo.
    Chiaro che da qui a maggio faranno di tutto per farci credere che ci sia una luce in fondo al tunnel, l'élite è sgamatissima e non molla l'osso così facilmente, quindi attrezziamoci anche noi. Segnalate tuto l'utile per detaroccare i segnali di fumo e spargiamolo ai quattro venti.

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    1. Cara Carmen, che tristezza. Sono sconsolato.
      In fondo, "Euro e (o?) democrazia costituzionale", mi si perdoni l'auto citazione, dice questo e anche molto di più, non concedendosi alla generica invettiva contro i partiti per cercare piuttosto di identificare il sottostante affermarsi di un classe dirigente "reale" che sta ben al di sopra della linea di galleggiamento di chi formalmente si presenta alle pseudo-elezioni.
      Ci sono tecnici che si "presentano" e quelli che, ex cathedra (bancorum) li fanno presentare, dando la "Linea" ai politici, sempre "nuovi" (ora anche in Italia), che a loro volta prendono sotto-tecnici di riferimento che sono solo i pallidi esecutori di una implacabiler stabilità di governance che non viene fuori oggi, ma è in sella da almeno 20 anni. 20 anni!


      Solo che "Euro e (o?) democrazia costituzionale" non gode di recensioni nazionali, che sono accuratamente precluse dai media principali: e non certo perchè il sottoscritto non sia uno "scienziato politico"...(titolato). Diciamo solo che non vanto militanze (pregresse e partitiche...di alcun tipo).

      Credo piuttosto che si tratti di diversi stati di avanzamento della decomposizione della cultura della democrazia: in UK si porta l'attenzione ancora su certi (meri) effetti, ma, in questo caso, quando W.Godley aveva da un pezzo evidenziato i "banchieri chiusi in una stanza" che scrivevano i trattati di Maastricht",
      Se nomino solo marginalmente la parola "banche" - centrali o non, poco cambia-, magari di rifaccio a Tocqueville (che fa sempre figo), ma dimentico Popper e Keynes.

      E poi me così la prendo con lo spauracchio di una destra da operetta che viene evocata senza neanche più menzionare il conflitto sociale...che rimane fondato sull'esercito di riserva dei disoccupati, mentre anti-islamismo e anti-immigrazione diventano solo fuorvianti chiavi di lettura di una spinta collettiva insopprimibile proprio perchè ignorata...
      E chi la ignora, rendendola esplosiva, non può certo definirsi di sinistra anche se, di facciata, pro-immigrati e aperto al dialogo con gli islamici: ogni tanto qualcuno (senza essere preso troppo sul serio) evidenzia il problema demografico, strettamente connesso, che non può che essere aggravato dal terrorismo anti-inflazionista, ormai trentennale, a cui si è ridotta l'Europa, (anche senza l'euro)

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    2. Carissimo Quarantotto, come spesso mi succede (sempre di più), riportare voci dall'estero richiama il confronto con le voci dal'Italia, che in campo sia economico sia della scienza politica oramai non hanno niente da invidiare agli stranieri, anzi, come spesso è successo nella nostra storia, toccano punte di eccellenza difficili da ritrovare altrove. Tra queste, ovviamente, il punto di riferimento di Orizzonte48.

      Tieni comunque conto che il primo paper di Mair e Katz a cui qui si fa riferimento è del 1995, abbastanza precoce, non si può certo dire dell'ultima ora.
      Bisognerebbe poi leggere il libro (cosa che non ho fatto) per valutare esattamente la profondità dell'analisi, ma credo che puntare l'attenzione sulla crisi della democrazia per la cattura dei partiti da parte di un'élite globale - che ovviamente è la padrona della finanza e detentrice del grande capitale - sia comunque da considerare un'opera di divulgazione meritoria, che si aggiunge alle altre in cui noi abbiamo avuto la fortuna di imbatterci per prime. (opere che per quanto poco o niente diffuse dai grandi media sono pur sempre i vitali punti di riferimento per la nicchia ben equipaggiata di artiglieria pe(n)sante... ).

      Alla fine quello che conta è che le idee circolino, e che mettendole insieme e unendo i puntini (di bagnaiana memoria) riusciamo a darci una rappresentazione quanto più aderente alla realtà, e a compiere quel salto di consapevolezza che sarebbe ora tanto necessario. Quindi grazie a Quarantotto, grazie anche a Meir e Katz.
      Grande è la sfida e grandi i mezzi per combatterla.

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  2. Non so se l'avete seguito, ma da stasera SuperQuark ha cambiato nome in SuperPUDE..............

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