24/04/13

Sapir: Un altro passo verso il precipizio

Un altro grande articolo di Sapir mostra in tutta la sua evidenza il peggioramento della crisi, alimentata finora da teorie arrangiate per supportare l'ideologia, ma che tra l'estate e l'autunno imporrà la resa dei conti...  




(E un grazie di cuore ai sempre nuovi lettori che contribuiscono alle voci dall'estero con le loro traduzioni)

Traduzione di Ugo Sirtori
L'area Euro, sotto l'effetto combinato delle politiche di austerità, sta sprofondando nella crisi. Eppure il dibattito sulla politica economica non è mai stato così intenso. Rimane il fatto che si scontra con la capacità di immaginazione dei leader politici, sia in Germania che in Francia o in altri paesi, che rimane profondamente strutturata attorno al discorso dell’austerità.
Le radici dell'austerità erano finora ritenute inconfutabili. Ma un recente lavoro consente di mostrare che, dietro l'apparenza di seria accademia, c'era un sacco di ideologia.


La disoccupazione ha recentemente raggiunto il 12% della popolazione attiva, ma con picchi di oltre il 25% in Spagna e Grecia. L’attività economica continua a regredire in Spagna, Italia e Portogallo e, ora, è il consumo che inizia a sgretolarsi in Francia, annunciando, come previsto in questo blog, un ulteriore deterioramento della situazione economica a breve termine.

domanda delle famiglie
Source: INSEE, Consommation des ménages et dépenses pour acquisition de biens immobiliers






 
Infatti, secondo paese della zona Euro, la Francia, grazie alla forza dei suoi consumi, aveva fino a questi ultimi mesi scongiurato il peggio per l'area dell'Euro. Ma se i consumi francesi continuano a contrarsi al ritmo seguito fin da gennaio, le conseguenze saranno significative, in Francia e nei paesi limitrofi, prima di tutto in Italia e in Spagna.


Una politica che ha condotto l'Europa in una situazione di stallo.

Questo deterioramento generale della situazione economica pone apertamente il problema dell'austerità adottata da tutti i paesi, dal 2011, a partire dalla Grecia che c'era stata costretta dall'Unione europea, seguita da Portogallo e Spagna. Ma la volontà tedesca di continuare lungo il percorso di questa politica è innegabile, ed è stata recentemente ribadita. Perché, allora, tale caparbietà? Ci sono anzitutto evidenti interessi che spingono la Germania a difendere questa politica «austeritaria».

L'area dell'euro porta alla Germania circa 3 punti di PIL all'anno, sia attraverso il surplus commerciale, che viene realizzato per il 60% a scapito dei suoi partner nell'area dell'euro, sia attraverso gli effetti indotti delle esportazioni. Possiamo quindi capire perfettamente che, stante queste condizioni, la Germania tiene all'esistenza dell'area Euro. Tuttavia, se Berlino volesse che la zona euro funzionasse come dovrebbe, accetterebbe la transizione verso un esteso federalismo di bilancio e  un sistema di trasferimenti nell'Unione. Questa è un’evidenza nota agli economisti, e non solo. Nel mese di ottobre 2012, durante il Valdai Club, il presidente Vladimir Putin ha sottolineato che un'Unione monetaria non poteva operare come un paese eterogeneo senza un potente federalismo di bilancio.

Ma se la Germania dovesse accettare questo federalismo, dovrebbe accettare quindi un trasferimento di una parte significativa della sua ricchezza ai suoi partner. Solo per la Spagna, la Grecia, l'Italia e il Portogallo, i trasferimenti necessari per sistemare le economie nei confronti della Germania e della Francia sarebbero tra i 245 e 260 miliardi di euro, ossia tra 8 e 10 punti di PIL all'anno, e questo per almeno dieci anni. Un tale livello di trasferimenti (non è impossibile che sia ancora più elevato) è assolutamente esorbitante. La Germania non ha i mezzi per pagare tale somma senza mettere a rischio il proprio modello economico e distruggere il sistema pensionistico.

La Germania ha quindi voluto mantenere i benefici dell'Eurozona, ma senza pagarne il prezzo. Ecco perché sempre, infatti, ha rifiutato l'idea di una “Unione di trasferimento”. Anzi, il problema non è tanto ciò che “vuole” o “non vuole” la Germania; l’importante è ciò che può sopportare. Ed essa non può sopportare un prelievo dall'8 al 10% delle sue ricchezze. Smettiamo quindi di pensare che "la Germania pagherà", antica antifona della politica francese risalente al trattato di Versailles nel 1919, e guardiamo in faccia la realtà. La Germania ha già notevoli riserve sull’Unione bancaria, che aveva accettato con riluttanza nell'autunno del 2012. Con la voce del suo ministro delle finanze, ha appena dichiarato che si dovrebbero modificare i trattati esistenti perché questa unione bancaria possa vedere la luce. È certamente possibile modificare le fonti dei trattati, ma tutto il mondo sa che ci vorrà del tempo. In altre parole, la Germania rinvia al 2015 e molto probabilmente al 2016 l'entrata in vigore dell’Unione bancaria, di cui ha anche ridotto largamente il campo di applicazione. Possiamo anche considerare che gli argomenti della Germania riguardo la "costituzionalità" dell’Unione bancaria siano pretesti. Può essere, ma la signora Merkel ha alcune buone ragioni per voler garantire la perfetta legittimità dei testi.  La recente creazione del nuovo partito euroscettico 'Alternativa per la Germania', un partito che i sondaggi vedono attualmente al 24% delle intenzioni di voto, è una minaccia credibile per gli equilibri politici in Germania.

In queste condizioni, possiamo ben capire che non c'è nessun'altra scelta per la Germania che non sia difendere una politica di austerità per l'area dell'Euro, nonostante le conseguenze economiche e sociali assolutamente catastrofiche che crea questa politica. Da qui a credere che la Germania voglia "espellere" i paesi del "Sud" dell'Europa, la strada è lunga. Semplicemente, essa non può pagare per gli altri. Da questo punto di vista, attribuire un cosiddetto “piano segreto” alla signora Merkel sul tema e credere che qualcuno possa condurre un'eroica battaglia per mantenere questi paesi nell'eurozona, è una di quelle sontuose sciocchezze di cui  alcuni politici hanno il segreto.

Ma c’è effettivamente una dimensione ideologica, presumibilmente “fondata”  sulla teoria economica.

L'origine della politica dell’austerità.

L'antifona che l’onere del debito comprometta la crescita, e che solo una politica di austerità sia in grado di alleviare il peso di questo debito, è parte dell’apparente evidenza contenuta nella "saggezza delle nazioni". Questa cosiddetta evidenza aveva trovato una forma di giustificazione in un testo pubblicato da due noti autori  (uno dei quali era capo economista dell’FMI): Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff. Le conclusioni di questo testo, che è stato successivamente pubblicato, erano che oltre un rapporto debito-PIL del 90%, l'impatto del debito è molto negativo sulla crescita. La conclusione era ovvia: è necessario intervenire se si sono raggiunti tali livelli. Questa è la logica adottata dalla gestione di Jean-Marc Ayrault in Francia chenella seconda metà del 2013 va rafforzando l’austerità fiscale e di bilancio. Ad ogni modo, tutto ciò è in contrasto con tutta una serie di studi che indicano che l’austerità ha conseguenze drammatiche sulla crescita. I riferimenti sono presenti su questo blog. Ma i fautori dell'austerità a oltranza potevano sempre affermare che, qualunque fossero le conseguenze dell'austerità, l'imperativo del debito rappresentava una vera priorità per ritrovare la crescita. Questo è proprio il discorso tenuto da François Holland e Jean-Marc Ayrault. 

Si dà il caso però che questo documento contenesse degli errori significativi, rivelati in uno studio  scritto da tre economisti, un caso, questo, che ha provocato una certa agitazione nel piccolo mondo  accademico. In primo luogo, Reinhart e Rogoff hanno arbitrariamente escluso alcuni anni dal campione che hanno creato e che avrebbe dovuto coprire il periodo 1946-2009. Tre importanti paesi sono stati così esclusi negli anni dell'immediato dopoguerra: l'Australia, il Canada e la Nuova Zelanda. Ora, in questi tre paesi  si ha allo stesso tempo un rapporto di debito elevato e un tasso di crescita elevato. Inoltre, i due autori dello studio di  riferimento hanno dato un peso ai loro dati in un modo molto curioso, che porta, ancora una volta, a ridurre l'influenza sui calcoli dei paesi in cui  sono presenti un grande debito pubblico e una forte crescita. Infine, la replica dei calcoli dello studio originale fatta dai tre economisti mostra che si è verificato un errore non trascurabile in uno dei fogli Excel utilizzati da Reinhart e Rogoff . Il risultato è che Herndon, Ash e Pollin concludono che i paesi con un rapporto debito PIL oltre il 90% hanno avuto storicamente una crescita del 2,2%, e non una decrescita dello 0,1%, come affermato da Reinhart e Rogoff .

L'errore sul file di Excel è sicuramente quello che ha provocato più commenti, ma in realtà è un errore minore. Per contro, l'omissione di certi paesi in certi momenti e i pesi utilizzati, sono indici di gran lunga più gravi che Reinhart e Rogoff hanno "arrangiato" i loro calcoli per ottenere risultati in linea con la loro ideologia. Questo getta un dubbio ben più profondo riguardo ai metodi di alcuni economisti e sulla serietà delle persone che li seguono.

Le conseguenze disastrose delle politiche di austerità.

Tutti i paesi, uno dopo l'altro, hanno intrapreso politiche di svalutazione interna suicida, politiche che sono gli equivalenti delle politiche di deflazione degli anni '30 che portarono Hitler al potere. Così è in Spagna e in Grecia, con disoccupazione e austerità devastanti. Ma le conseguenze non si limitano a questo. Infatti, la politica di austerità sta mettendo un popolo contro l'altro. Il paradosso qui è totale. L’Europa, ai sensi dell'Unione europea, che di solito si presenta come un fattore di pace sul continente, è ormai diventata un fattore di aggravamento di conflitti e di rinascita di vecchi odi.

Nel caso della Francia, sono chiare le conseguenze dell'austerità. Se si vuole assolutamente ridurre il costo della manodopera nel tentativo di ripristinare la competitività dell'industria senza svalutare, è chiaro che ci vorranno prestazioni sociali e salari più bassi. Ma allora sono i consumi, che già si restringono come vediamo oggi, che crolleranno. Inevitabilmente ne vedremo le conseguenze sulla crescita; oggi le stime più credibili indicano che per l'economia francese l'anno 2013 si tradurrà in stagnazione, nella migliore delle ipotesi, e in una contrazione dello 0,4% del PIL, nell’ipotesi più probabile. Le ultime proiezioni IMF mostrano prospettive di crescita significativamente ridotte per il 2013. Una differenza di - 0,4% del PIL tra le previsioni fatte nel mese di gennaio e quelle fatte nel mese di aprile è in realtà molto significativa sulla traiettoria che stiamo seguendo.

Source: Fonds Monétaire International, prévisions du 16 avril 2013


Il risultato sarà ovviamente un aumento significativo della disoccupazione. Se vogliamo abbassare i costi del lavoro del 20%, probabilmente dovremo aumentare la disoccupazione della metà, arrivando oltre il 15% della popolazione attiva, o 4,5 milioni di disoccupati ai sensi della categoria «A» nell'OSA e 7,5 milioni per categorie A, B e C, comprendenti tutte le categorie di disoccupati. Inoltre, nell'area dell'euro, già la Spagna e l'Italia competono con la Francia nella deflazione salariale. Quindi dovremmo fare meglio di Madrid e Roma, ossia raggiungere non il 15% ma il 20% di disoccupazione. Quale politico se ne assumerà la responsabilità? Quali saranno le conseguenze politiche?

Inoltre, e in maniera inquietante, i profitti del business e degli investimenti produttivi si stanno sgretolando. Questo implica che l'ammodernamento dell'apparato produttivo sarà ritardato e che quanto guadagniamo, se del caso, con le politiche di svalutazione interna, lo perderemo in produttività.

 
Source: INSEE

 
Per ora i nostri dirigenti, in particolare in Francia, fanno spallucce. Il Presidente della Repubblica, François Hollande, ripone tutte le sue speranze in un'ipotetica ripresa degli Stati Uniti per alleggerire il peso del fardello dell'austerità. Egli ha tuttavia già ammesso che questo potrebbe non verificarsi nella seconda metà del 2013, come aveva annunciato fin dall'inizio, e ha spostato la sua previsione all'inizio del 2014. Ma, come l'orizzonte che fugge davanti a colui che cammina, la ripresa degli Stati Uniti continua a spostarsi in avanti.

È un'illusione credere che la domanda estera arriverà a salvarci. La crescita degli Stati Uniti è molto inferiore a quanto previsto, e il FMI corregge verso il basso le previsioni a riguardo. Quanto alla crescita cinese, questa sta rallentando mese per mese. François Hollande spera che saremo salvati dalla cavalleria; ma la cavalleria non arriverà, o, come i tragici giorni del giugno 1940, arriverà “troppo poco, troppo tardi”.

Aggiungiamo che i calcoli fatti dal governo sul 2014 mancano singolarmente di affidabilità. Il governo mantiene il suo obiettivo per il 2014 al 2,9% del rapporto deficit/PIL. Tuttavia, questo nel 2013 sarà non il 3% ma il 3,7% (al meglio) o il 3,9% (al peggio). Una riduzione dello 0,8 - 1% del disavanzo significa una politica di tagli o l'emergere di nuove risorse fiscali per 16 - 20 miliardi di euro. Ma questa pressione fiscale, dato un moltiplicatore della spesa pubblica  che molto probabilmente è 1.4 (se non di più), si tradurrà in un calo dell'attività economica tra 22,4 e 28 miliardi.
Questo si tradurrà in una diminuzione delle entrate fiscali da 10,3 a 12,9 miliardi di euro. Il guadagno totale delle misure di bilancio o fiscale sarà quindi tra 5,7 a 7,1 miliardi. Se il governo intende realizzare a tutti i costi l'obiettivo di disavanzo che si è prefissato, deve ridurre la spesa o aumentare i prelievi di 45 miliardi di euro e non di 16 miliardi come previsto inizialmente. Ma questo prelievo del 2,25% del PIL si tradurrà quindi in un calo dell'attività economica intorno al 3,1%. Sapendo che la previsione di crescita fatta dal governo è + 1,2% di PIL nel 2014, questo si tradurrà, se la previsione è affidabile, in una recessione del -1.9% del PIL. Se si considera semplicemente una contrazione della spese o un aumento delle imposte da 16 miliardi, l'effetto negativo sulla crescita sarà "solo" di 22,4 miliardi, o 1,1 per cento del PIL, e ci sarà nel 2014 una crescita del + 0,1% del PIL, con un deficit pari al 3,5%. Questi calcoli mostrano bene l'inutilità delle politiche di austerità nelle attuali condizioni, come confermato da un recente studio di Natixis che tuttavia tiene conto di un moltiplicatore della spesa pubblica dell'ordine di 1, mentre noi crediamo che il valore del moltiplicatore sia piuttosto quello di 1.4 per la Francia di oggi.

Più che mai, si pone la questione della sopravvivenza dell'eurozona. Le tendenze alla sua frammentazione stanno ormai aumentando. Vediamo che i problemi dei paesi molto diversi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l'Italia convergeranno a breve termine, probabilmente nel corso dell'estate 2013. In questi paesi la crisi fiscale (Grecia, Italia), la crisi economica, la crisi bancaria (Spagna, Italia) si stanno ormai sviluppando in parallelo. Pertanto è altamente probabile che avremo una violenta crisi nell'estate del 2013, o all'inizio dell'autunno. È il momento di regolare i conti. L'Euro non ha indotto la crescita sperata quando è stato creato. Ora è un cancro che corrode parte dell'Europa. Se vogliamo salvare l'idea europea c'è ancora tempo, ma la dissoluzione dell'eurozona deve essere rapidamente decisa. Questa soluzione si imporrà come un’evidenza schiacciante e dovrà riunire i responsabili delle varie formazioni politiche. Tuttavia, bisogna agire rapidamente. Ancora una volta, il tempo non aspetta.

 






23 commenti:

  1. Ma è tutto un brutto incubo, vero?

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    1. Se fino adesso si è Fognato (come direbbe A. BAgnai)
      è sicuramente un incubo.

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  2. Articolo davvero illuminante.

    Grazie!

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  3. Sono furibonda per quello che sta succedendo in Europa e spero
    che tutta la classe politica che è responsabile di questo disastro vada all'inferno. Questa è una guerra che sta facendo
    danni incalcolabili e vittime civili. Sono disgustata e inorridita, basta con questa UEM.

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  4. Il partito antieuro tedesco AfD ha chiaramente espresso la sua contrarietà alla Transferunion e allo stato centrale europeo quindi, anche con loro, niente da fare. La Germania non cederà mai e da noi ci sono politici illusi di poter andare in Europa a rinegoziare! Uscire tutti e subito dall'euro, magari seguendo il piano di Sapir e degli altri economisti francesi.

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    1. Ha dichiarato contrarieratà al transferunion, ma probabile che voglia reintrodurre la sovranità abolendo definitivamente l'€ , o no? Questa Transferunion mi pare comunque soltanto un'altro trucchetto per salvare l'€ che già con la stampa moneta x grecia e cipro non è più moneta unica.Insomma allungare l'agonia e far credere ai popoli che sia equo e giusto.E questo rende la cosa ancora più perfida.Fino alle elezione teutoniche settembre 2013. Non penso che questa grande coalizione del fuehrerin Merkel abbia tutti questi consensi nella popolazione tedesca, ma anche come qui non si ha più una vera scelta. Si può votare solo per il PUDE (Partito Unico dell'Euro) pare. Lo smantellamento dello stato sociale è in pieno avazamente anche in germania non si vive più da tempi come quando ci vivevo io fino a 15 anni fà.

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  5. Molto interessanti tutti i calcoli, anche se non riesco a visualizzarli completamente, ormai moltissimi economisti convergono sulle stesse previsioni, ed in effetti convergono anche con le mie intuizioni.

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  6. L'intera classe dirigente europea dovrà essere giudicata da un tribunale internazionale per crimini contro l'umanità!

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  7. Ahinoi, almeno in Italia (ma a vedere la situazione politica negli altri Stati periferici dell' eurozona, la situazione è quasi identica) la paventata dissoluzione della moneta unica è ben lungi dal realizzarsi, almeno in tempi brevi. La nomina di un Presidente della Res (manco tanto) pubblica Italiana fortemente europeista, nonché la prevedibile formazione di un governo del PUD€ sono tutte in questo senso, ovvero ci stanno dicendo che per ora non abbiamo scampo. Iniziano i saldi!!!

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  8. Questo articolo è per quelli che "Voglio regalare ai miei figli un sogno"(cit. Boccia). Gli Stati Uniti d'Europa sono una roba improponibile che non si farà mai, e meno male aggiungo. Ma esiste qualcuno che ci faccia uscire da tutto questo? O abbiamo solo Fassina?

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  9. Li vorrò vedere il giorno in cui si presenteranno davanti all' Europa, chiedendo quanto loro pensano sia sufficiente a salvarci, ma che più probabilmente, nelle loro intenzioni, possa salvare più loro stessi dalla definitiva scomparsa.
    Li vorrò vedere, spaesati e non preparati, come lo studente interrogato il lunedì, ma che fino alla domenica non conosceva l'argomento d'esame e non aveva ancora aperto un libro per capire almeno di cosa trattasse.
    Li vorrò vedere quando, alle loro richieste, verrà risposto: Nein !!
    E rendsersi conto solo allora di non aver pensato a un piano "B" e allora forse si sveglieranno dal "Fogno".

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  10. "...è altamente probabile che avremo una violenta crisi nell'estate del 2013, o all'inizio dell'autunno."

    A quale crisi si riferisce?

    Una crisi del debito sovrano (ritorno di fiamma sugli spread)?
    Una crisi bancaria (insolvenza e corsa agli sportelli)?
    Una crisi sociale (disoccupazione alle stelle, manifestazioni di piazza, guerriglia urbana e anarchia)?

    Sulle prime due sembra che vigili la BCE.
    La terza non sembra ancora (fortunatamente) dietro l'angolo.

    Mentre ci troviamo in questo limbo, si potrebbe anche pensare di riorientare la spesa pubblica esistente e riequilibrare il prelievo fiscale in modo da dare al nostro paese maggiore dinamismo ed equità.

    Un cordiale saluto.
    http://marionetteallariscossa.blogspot.it

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    1. Se la BCE vigila sulle crisi bancarie come su quella di Cipro, l'euro ha i mesi contati.
      Più probabilmente Sapir si riferisce al fatto che in certi paesi le condizioni sono diventate semplicemente insostenibili. E siccome non sono 1-2 casi isolati, è ormai evidente che i "salvataggi" non salvano nessuno, e infatti nessuno li vuole più (vd parlamento cipriota).
      Perchè ci possono anche raccontare che adesso l'austerità se ne va e saremo tutti felici e contenti, ma la realtà è che l'austerità NON è stata la causa scatenante della crisi, anzi per certi versi le ha messo un freno, iniziando la deflazione salariale in certi paesi (Grecia, Spagna) anche se per certi altri l'ha aggravata (distruzione mercato interno).
      Tolta l'austerità (forse), rimane la crisi delle bilance dei pagamenti, nonchè il gap salariale tra tedeschi e tutti gli altri.
      Tornare a spendere in Italia AGGRAVA la situazione, chi dovrebbe fare politiche espansive è la Germania. E campa cavallo che la Merkel cresce.

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  11. Mah, il piano B secondo me ce l'hanno, confinato ai piani alti della gerarchia, sarà di destra e lo gestirà la destra, invece la bassa forza è percossa e attonita, qualcuno crede ancora e si prepara per Lourdes.

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  12. Il mio timore, in sostanza, è che con un aggiustamento del fiscal compact per renderlo meno rigido, possano riuscire a realizzare lo smantellamento dello stato sociale, le privatizzazioni, la svalutazione del lavoro in modo più graduale, dando l'impressione che ci sia ripresa, mettendo in pratica la strategia della rana bollita nell'acqua che si riscalda lentamente....

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    1. Concordo sulla prospettiva di un'evoluzione "impegnativa" ma senza fratture.

      Dovrebbe essere l'occasione per riscoprire concetti come "dilemma del prigioniero" e "trappola della crescita"... e per riqualificare finalmente l'azione politica in italia, liberandola dalla camicia di forza degli interessi consociativi:

      dal consumo, all'investimento

      dalla tassazione del profitto, al riconoscimento della ricchezza generata (o distrutta) per la collettività

      dai beni privati, ai beni comuni

      dai diritti acquisiti, ai bisogni effettivi

      etc. etc.

      Un cordiale saluto.
      http://marionetteallariscossa.blogspot.it

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    2. Nella famosa pentola già ci siamo...
      Ma se anche si allenta l'austerità, i problemi di bilance dei pagamenti si AGGRAVANO. E siccome la Germania di politiche espansive non ne vedrà di certo, la situazione non può che peggiorare.
      Oggi l'austerità è il capro espiatorio anche per chi ieri la sosteneva, ma è un capro che avrà vita breve, a mio parere.

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  13. Speriamo, paperoga, che sia breve abbastanza. Ci venderanno ancora qualcosa e nel frattempo si finiranno di comprare il possibile e rientreranno dalle eccessive esposizioni.
    La temperatura della pentola è altina, che ne dite, saebbe ora di saltar fuori?

    @Emilio L.

    "evoluzione impegnativa"?
    qui siamo alla deindustrializzazione e al reddito di cittadinanza, non mi pare un'occasione di granché... !

    Comunque abbiamo avuto ampio modo di prendere nota del tuo blog, quindi chi vuole andare a leggere le tue opinioni su questa occasione da non perdere, potrà farlo liberamente.

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    1. Tento di formulare una prospettiva costruttiva rispetto allo sfacelo che ci circonda.

      Il blog come il tuo mi hanno aiutato a comprendere origini della crisi e le ragioni di chi ce l'ha a morte con l'euro.

      Ma come hai osservato tu stessa, l'uscita all'euro non è una prospettiva nè breve, nè certa ...

      ... e nel frattempo cosa facciamo?

      Dal mio punto di vista, il problema del livello di spesa sostenibile rispetto al vincolo esterno non riguarda solo l'entità della spesa, ma anche la sua qualità o destinazione (in primis di quella intermediata dallo Stato).

      Per troppo tempo in Italia la Politica ha gestito male le leve della spesa pubblica e dell'imposizione fiscale, facendosi tirare la giacchetta da gruppi di interesse e categorie, secondo logiche che hanno poco a che fare con equità, solidarietà, lungimiranza, ... (e non sto parlando della solita corruzione e del finanziamento pubblico ai partiti ...)

      Negli ultimi 10 anni le Amministrazioni pubbliche hanno gestito una spesa corrente (prima degli interessi passivi) nell'ordine dei 6-700 miliardi... e non si sono trovate le risorse per finanziare istruzione, ricerca pubblica, sostegno all'innovazione ed internazionalizzazione delle imprese private?

      Il problema dell'Italia è tutto politico... non solo dei partiti, ma anche nostro di cittadini che per troppo tempo abbiamo preferito occuparci d'altro.

      Quindi condivido le critiche feroci sull'atteggiamento non cooperativo o apertamente mercantilista della Germania, ma finchè non arriverà il castigo divino proviamo almeno a vedere cosa possiamo fare in casa nostra per avere un pò più di dinamismo e di equità...

      ... perché le travi non sono mai solo negli occhi del nostro vicino!

      Un cordiale saluto

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    2. Emilio, se questo blog nel corso degli anni ti ha aiutato - come anche ha fatto con me, per tuti gli articoli che ho tradotto e tutte le persone con cui sono entrata in contatto - a farti un quadro delle dinamiche in corso, vorrei fare insieme a te un passino più in là, e farti notare, se posso, che la scarsa qualità della spesa pubblica che tu lamenti, che gli inciuci, la inefficienza della pubblica amministrazione, sono, è vero, difetti nazionali, ma non solo, perché rientrano perfettamente nello stesso quadro che ci ha portato in questa fallimentare unione monetaria.
      Non so se hai potuto prendere visione di quei dati statistici (della Banca Mondiale se non erro) da cui risulta in maniera lampante che il grado di inefficienza e corruzione della pubblica amministrazione ha subito un'impennata non solo in Italia ma anche negli altri paesi europei a partire dagli anni 2000. E la causa sta nelle normative europee che sono andate nella direzione di privatizzare, ridurre i controlli negli atti di spesa delle p.a. e introdurre la commistione pubblico-privato nella gestione dei servizi pubblici, che è il vero verminaio fonte della inefficienza di spesa che ci troviamo di fronte.
      Molte volte si è troppo pronti ad assumersi le colpe - noi italiani, sempre corrotti e incapaci! - di situazioni che ci sono state preparate dall'alto al servizio di interessi che non sono i nostri.
      Attenzione, non sto dando le colpe alla Germania in quanto nazione. Il popolo tedesco non c'entra. Questi sono interessi del grande capitale e dell'alta finanza, gli stessi che hanno portato all'unione monetaria e alla libera circolazione dei capitali e delle merci ancorata a una moneta unica

      E' importante rendersi conto di come stanno veramente le cose, unire i puntini e ricollegare i fatti, perché è in corso una guerra impropria, condotta con armi finanziarie e con la manipolazione dell'informazione. Le persone di buona volontà dovrebbero aver chiare le origini dei problemi e che la via praticabile per risolverli passa per una difesa della dimensione pubblica, dell'economia keynesiana, dello stato sociale, dei diritti del lavoro, insomma della nostra Costituzione.
      Accettare questi diktat pensando di trarne delle occasioni per chissà quali miglioramenti, in quadro normativo che rimane volto a tutelare gli interessi dei forti contro i deboli....
      forse non si potrà fare altro, ma almeno, Emilio, lo avremo detto, e avremo cercato di essere ascoltati!

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  14. E' un caso che è stato proposto a Letta di fare un governo?Visto che nlla ultima riunione del club Bildeberg vi erano come unici politici italiani guarda caso :Monti e Letta.Hoilà..che caso.Oltre ai vertici di Eni,Enel,Finmeccanica.Vi meraviglierete poi se tra un verrannoproposte le privatizzazioni di questi 3 imprese parastatali.Mi correggo verranno svendute e privatizzate ..così sarà il compimento del disegno illuminato.Assistiamo e vediamo..chissà se ho letto bene il disegno.

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  15. Emilio, x me dici bene, spendere meglio e' giusto oltre che eticamente corretto.
    Come ricorda spesso bagnai comunque la spesa pubblica (buona o cattiva) sempre spesa pubblica e'. Dunque che sia indirizzata verso la lotta ai tumori o a scavare buche da riempire subito dopo, sempre parte di G fa', e poiché Y=C+I+G+x e' contemporaneamente parte del problema e della soluzione.
    Dunque condivido di partire dalla composizione e funzione della spesa pubblica x le ragioni di cui all'inizio, ma gli indizi che si trovano in questo blog, e in ciò che succede fuori (Leggi governo Letta, comportamento della JOB, problema partite correnti in Francia) mi chiedo: cosa dobbiamo fare o contribuire a fare ORA?!?!?

    I problemi credo a questo punto di averli chiari... ma ancora in nessun blog trovo un indicazione sul comportamento che dovrei seguire x contribuire ad una soluzione, oltre alla divulgazione del quadro presso tutti, che ormai già faccio, facciamo.
    Possibile che nessun politico italiano di batta per una prospettiva di exit strategy dall euro?
    Regna l'ignoranza o la furbizia?

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