25/11/12

La prossima crisi che incombe sull'Argentina

Un lettore mi ha suggerito questo pezzo di Voxeu (segnalato qui da Goofy in un commento), dove si esprime una visione equilibrata sul tema caldo Argentina...



di Eduardo Levy Yeyati, 7 Novembre 2011

I problemi economici dell'Argentina sono sempre un argomento di attualità, e un esempio particolarmente rilevante per l'attuale crisi dell'Eurozona. Questo articolo valuta con uno sguardo equilibrato l'outlook dell'Argentina dopo le elezioni.

L'Argentina tende a provocare visioni estreme da parte di analisti economici e commentatori, che vanno dagli appassionati che gridano meraviglie di fronte alle prestazioni inaspettate del paese, al punto di proporre una "soluzione argentina" per i problemi europei, agli scettici che continuano a prevedere un arresto improvviso della "bonanza" in corso. Tuttavia, come Paul Krugman (da appassionato) ha sottolineato di recente (Krugman 2011), la regola sembra essere quella di mantenere "un tono in genere negativo nel riferire sull'Argentina". "Scommettere su un altro default argentino può essere troppo. Tuttavia, scommettere su un atterraggio duro potrebbe non esserlo", ha concluso un recente articolo sul Financial Times.


Schematicamente, la prossima crisi incombente sull'Argentina deriverebbe da un ciclo valutario - un surplus commerciale che si va riducendo (dovuto sia ad un boom di importazioni in un'economia surriscaldata che ad un'inflazione a due cifre e all'apprezzamento del cambio reale che ne risulta) che porta a una fuga di capitali (in previsione di un futuro rapido deprezzamento), ad una conseguente diminuzione delle riserve della banca centrale (l'altra faccia della riluttanza del governo a lasciar fluttuare il peso), alimentando le aspettative di un nuovo deprezzamento, fuga di capitali e perdita di riserve. In breve, niente che una piccola dose di flessibilità manovrata del cambio non possa risolvere.
Uno sguardo di prospettiva sembra poter chiarire meglio la diagnosi. L'Argentina negli anni 2000 ha seguito un modello idiosincratico di bilancia dei pagamenti - i dollari arrivavano dalle partite correnti (riflesso di un rapido crollo delle importazioni e, in particolare, di un boom di volumi e prezzi delle esportazioni di materie prime) e uscivano dal conto finanziario (un riflesso di mercati dei capitali sottosviluppati, di un grado persistente di dollarizzazione finanziaria e dello scetticismo già citato). I flussi di dollari in eccesso (quelli ritenuti causa di un apprezzamento del peso oltre livelli politicamente accettabili) andavano a costituire le riserve internazionali (Figura 1). Di conseguenza, l'Argentina riusciva a mantenere un saldo attivo delle partite correnti e un peso sottovalutato (almeno nei confronti dei suoi vicini, e a giudicare dal saldo attivo delle partite correnti)
Figura 1. Da dove arrivano i dollari?


Ora che esportare dollari sembra inadeguato di fronte al lento ma costante apprezzamento reale del cambio e gli asset in pesos, dai tassi di interesse reali negativi, non producono più interessanti rendimenti in dollari, i risparmiatori si stanno rivolgendo al dollaro. E [..] il peso si è apprezzato nominalmente su base multilaterale, mentre la domanda interna si indeboliva.


Non sorprende quindi che la fuga dei capitali sia aumentata e le riserve siano diminuite di conseguenza (Figura 2), e che la pressione del mercato si sia intensificata, con spread a livelli record.
 
Figura 2. Fuga di capitali e riserve delle banche centrali

Com'era prevedibile, l'accaparramento del dollaro sta cominciando a pesare sull'economia reale, attraverso un calo di liquidità delle banche che sta facendo aumentare i tassi sui depositi bancari e inasprendo i costi dei prestiti e gli standard di credito, minacciando così di raffreddare il boom del credito personale che ha svolto un ruolo nella forte performance del settore dei beni durevoli.
La risposta finora è stata di rafforzare i controlli sulle importazioni (attraverso misure di controllo delle importazioni come licenze all'importazione) e sugli acquisti in dollari (con un rafforzamento dei controlli sui deflussi non dichiarati), di  imporre regole per le esportazioni minerarie e petrolifere, e per il rimpatrio di asset esteri detenuti all'estero da compagnie di assicurazione. Sono tutte misure una tantum che intendono promuovere il rifornimento di dollari oggi contro un approvvigionamento potenzialmente inferiore domani (se, ad esempio, la fuga dei capitali si rafforza o gli IDE declinano a seguito di tali misure, o in previsione di altre).
Perché non lasciar fluttuare il cambio del peso? Qui possiamo solo speculare. Da un lato, sembra che ci sia uno stigma politico. Considerando che una correzione rapida del 10% può essere tollerabile e anche benvenuta in Brasile o in Cile, in Argentina invece può essere interpretata come un segno di incompetenza politica o come il preambolo di una prossima crisi valutaria. D'altra parte, vi è un'inflazione a due cifre - con l'economia in regime di piena occupazione nella maggior parte dei settori, si teme che si potrebbe arrivare a una forte svalutazione. In realtà questo avrebbe potuto verificarsi lo scorso anno, ma, nella "nuova normalità" di una crescita globale modesta, con le materie prime stabili, il rallentamento dell'economia e del mercato del lavoro, il punto di riferimento sembra essere non il 2010 ma il 2009, quando è stato permesso un aggiustamento del valore del peso fino al 27% e l'inflazione in realtà è diminuita (Figura 3).
Figura 3. Correzione del tasso di cambio del 2009: Materie prime e inflazione





Che cosa aspettarsi? Dal bicchiere mezzo vuoto al bicchiere  mezzo pieno
Le recenti elezioni hanno mostrato che il governo si trova all'apice del consenso popolare. Il risultato è in gran parte dovuto a una strategia macroeconomica che ha massimizzato la crescita (a spese dell'inflazione) e l'ha distribuita consentendo generosi profitti alle imprese, una piena occupazione e dei salari reali costanti, potenziando le risorse fiscali per finanziare la protezione sociale e i trasferimenti.
Naturalmente, queste virtuose misure distributive sono più difficili da sostenere se la crescita tende a calare. Le risorse fiscali si stanno già assottigliando. E la redditività privata è messa alla prova dai maggiori costi, che ora non possono essere compensati dai prezzi come avveniva prima, a causa dell'indebolimento della domanda. Inoltre, vi è una corrispondenza tra il deterioramento di bilancio e l'inflazione, dal momento che la voce che porta la spesa pubblica al di sopra del budget è l'energia e le sovvenzioni per i trasporti - il rovescio della medaglia delle tariffe e dei biglietti dei trasporti artificialmente depressi. E' quindi questo l'inizio di una nuova crisi o, quanto meno, il tanto atteso atterraggio duro?
La prima cosa da segnalare è che le classiche crisi emergenti degli anni '90 erano essenzialmente crisi valutarie derivanti da posizioni short in valuta estera – sia direttamente nel settore pubblico (debito sovrano denominato in valuta estera) sia, indirettamente, nel settore delle imprese o delle banche (in ultima analisi salvate con fondi pubblici). La limitazione o, in molti casi, l'inversione di questa posizione verso la valuta estera negli anni 2000 ha praticamente eliminato la possibilità di una crisi del genere - come testimonia la resilienza finanziaria dei mercati emergenti nella crisi post-Lehman. L'Argentina ne è un esempio calzante. L'introduzione di tasse sulle esportazioni nel 2002, lo scambio del debito sovrano nel 2005, l'accumulo di riserve internazionali e l' "abbandono" dei mercati finanziari (vale a dire, il deleveraging sovrano, anche attraverso l'utilizzo di riserve delle banche centrali) hanno ridotto drasticamente la posizione netta sull'estero del settore pubblico (Figura 4). Tuttavia, l'isteria delle crisi finanziarie degli anni '80 e '90 è stata rimpiazzata nel 2000 dalla nevrosi del ciclo economico tipica delle economie più avanzate.
Figura 4. La posizione netta sull'estero


Un secondo cambiamento strutturale, quasi importante come l'eliminazione degli squilibri valutari, riguarda il bilancio dei conti pubblici in peso. L'ampliamento della base imponibile (principalmente attraverso l'introduzione di tasse di esportazione e di intermediazione finanziaria) e l'aumento costante del gettito fiscale (per lo più centralizzato) sono stati decisivi nel realizzare lo spazio politico utile a soddisfare i diversi elettorati e a vincere la competizione politica. E' stato fondamentale per finanziare la principale politica sui redditi del governo (un assegno universale per figli a carico e l'estensione della copertura della sicurezza sociale), nonché i significativi stanziamenti di bilancio nell'istruzione e nella ricerca scientifica - tutti con significativi dividendi politici (Figura 6).
Figura 6. I dividendi delle risorse fiscali


Sotto questa luce, l'aggiustamento del tasso di cambio necessario per fermare l'emorragia delle riserve potrebbe rivelarsi lieve, a condizione che un peso deprezzato arresti la fuga dei capitali e induca i risparmi speculativi offshore a ritornare a casa. In prospettiva, però, un serio tentativo di stabilizzazione dei prezzi (ponendo fine alla manipolazione del CPI e lanciando un adeguato programma monetario) è una delle condizioni necessarie per contenere l'apprezzamento reale del peso e le aspettative diffuse di svalutazione, evitando un aggiustamento recessivo e assicurando le risorse fiscali per sostenere la domanda interna, come nel 2009.

Conclusione: una valutazione equilibrata

In parole povere, una valutazione post-elettorale equilibrata sull'Argentina farebbe notare, dal lato negativo, il rischio che i venti contrari globali possano ridurre la crescita a un livello meno agevole, erodendo il consenso politico man mano che si assottigliano i margini per una manovra fiscale capace di gestire i conflitti distributivi e le aspettative di inflazione.
Dal lato positivo, si potrebbe evidenziare che un rapporto debito/Pil basso e in declino, una posizione valutaria equilibrata, una valuta relativamente sottovalutata e uno stock crescente di risparmio privato offshore dovrebbero garantire l'accesso al capitale straniero se il conto delle partite correnti continuasse a peggiorare.
In ogni caso, nel breve periodo non sembra probabile né una continuazione del miracolo, né un duro atterraggio.

Nota dell'autore: Questo pezzo è basato su “Argentina: The Exchange Rate Trap”, incluso in Brookings Latin American Economic Perspective: What have I done to deserve this? Novembre 2011.

Bibliografia

Krugman, Paul (2011), EPIphenomena, VoxEU.org, 31 October.
Levy Yeyati, Eduardo (2011a), “Are capital controls effective?”, VoxEU.org, 20 January.
Levy Yeyati, Eduardo (2011b), “How Argentina left its Eurozone”, VoxEU.org, 2 October.

1Muoversi contro vento, ossia agire in controtendenza.
2 In realtà, come mostra la figura, secondo le stime ufficiali il paese nel suo complesso sembra essere stato un creditore internazionale netto sin dal suo scambio di debito del 2005. Benché questi numeri escludano gli arretrati del Club di Parigi e le obbligazioni in default, aggiungendo i primi e valutando le altre al valore di mercato, il paese rimarrebbe sempre con una posizione netta sull'estero positiva.

12 commenti:

  1. Carissima Carmen,
    senza entrare nel merito della "vexata quaestio" argentina (non per egoismo, ma ritengo che, una volta esaminati i riscontri del ciclo di Frenkel, il "dopo"..cambio fisso, sia diversamente caratterizzato tra Italia e quel tormentato e, da noi, amato paese, così "etnicamente" vicino a noi, peraltro), ti volevo chiedere:

    mi puoi dare un tuo indirizzo mail per farti "comunicazioni" e trasmissione di materiale, links e quant'altro? E' possibile senza soverchi problemi di privacy?
    (se me l'avessi già postato in precedenza, perdona the forgetfullness, ma data l'età...)

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    1. Caro Quarantotto,
      la mia mail è pubblicata là sopra in alto a destra (mal collocata, dovrò spostarla a sinistra..;) ed è carmenthesister@gmail.com

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    2. Carmen darling, te l'avevo detto che sono rinco...:-)
      A presto

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    3. Ahahah! Averne, Quarantotto carissimo, di rinco come te!

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  2. L'articolo è fin troppo equilibrato.

    Mi spiego.
    Le voci ricorrenti sul default sono nate a seguito della sentenza di un giudice newyorkese a favore di un hedge fund.
    Questa sentenza dice, più o meno, che, se entro il 15 dicembre l'Argentina non paga l'hedge fund (che, a suo tempo, non si accordò con lo stato argentino allo stesso tempo continuando a ingrassarsi di bond falliti...) i pagamenti ai detentori di bond ristrutturati in America (tramite bank Mellon) devono essere interrotti e deviati sull'hedge fund.

    Ora l'Argentina è, in apparenza, in trappola (vedremo come ne uscirà).

    Infatti, se paga l'hedge fund i detentori di bond ristrutturati apriranno altri ricorsi legali perchè, a questo punto, vorranno indietro tutto...con gli interessi.
    Se non paga, i soldi verranno comunque dirottati sull'hedge fund (veramente?) che, di fatto, prenderebbe lo status di creditore privilegiato.

    In tutto questo, c'è la remota possibilità, che, visto i dati truccati, l'Argentina non abbia poi tutti questi asset in dollari da coprire gli esborsi.

    Che fare?

    A me è venuto in mente che la contromossa argentina potrebbe essere quella di chiudere il conto sulla BANK MELLON e aprirne un altro in un paese "amico", tipo Ecuador.
    L'idea è: caro detentore di bond ristrutturati, se li vuoi, i tuoi soldi te li vai a prendere in Ecuador.

    Come dico sempre, i default vanno saputi fare e, persino loro, vanno programmati.

    ciao
    sinbad

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    1. A me è venuto in mente che la contromossa argentina potrebbe essere quella di chiudere il conto sulla BANK MELLON e aprirne un altro in un paese "amico", tipo Ecuador.
      L'idea è: caro detentore di bond ristrutturati, se li vuoi, i tuoi soldi te li vai a prendere in Ecuador.


      Geniale! (nessuna ironia)
      Spero solo per gli argentini che la Kirchner abbia capacità tattiche e sopratutto strategiche superiori a quelle della Merkel.

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    2. Questa è un'analisi fondata sulla situazione economica e finanziaria del paese.
      La questione dei fondi avvoltoio che vogliono speculare all'estremo comprando titoli sul mercato a pochi cent e poi pretendendo di vederseli rivalutati per sentenza di giudici compiacenti (venduti) è una questione di finanza criminale che sarà giudicata dalla storia...
      vedremo l'esito della battaglia, ma certo non c'è da tifare per gli avvoltoi.

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    3. Notizia di ieri.
      L'Argentina ha fatto ricorso in appello chiedendo la sospensione della sentenza del giudice.

      Così come lo hanno fatto i detentori dei bond "ristrutturati", per paura di non essere ripagati.

      @vocidallestero
      "giudici compiacenti (venduti)"
      E' una sentenza forte che, in parte, condivido (dobbiamo sempre ricordare che la classe dirigente ital...argentina è la prima responsabile).

      Quella dei fondi avvoltoi e della giurisprudenza anglosassone è uno degli aspetti (non l'unico) che descrivono al meglio il "marcio" del sistema globale così come è stato disegnato.

      Prima del 2007, chi, come me, metteva in evidenza queste cose veniva però tacciato di "antico", "ignorante", "provinciale", "perchè non ti guardi in casa",.....
      E' bene ricordarlo.

      sinbad


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  3. Grazie, anche per la tempestività.

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  4. Chi é fra gli italiani che non tiferebbe per l'Argentina in questo momento in cui stiamo per fare la stessa fine se non ancora peggio visto che noi di risorse naturali siamo ben più scarsi?
    Ho recentemente letto su Comedonchisciotte, però, che la Kirchner, con l'appoggio di una maggioranza trasversale, avrebbe fatto approvare una importante legge che potrebbe dare del filo da torcere agli avvoltoi.

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  5. E questo potrebbe sicuramente essere un motivo valido in più che ha fatto saltare di nuovo alla ribalta l'Argentina, come caso negativo ovviamente. Il bombardamento mediato che le stanno facendo anche sui nostri quotidiano (Sole24ore) è chiaro segno come l'opinione pubblica debba essere disinformata a dovere su una storia che sarebbe da raccontare tutta. Senza se, senza ma e tutta d'un fiato. Nel bene e nel male.

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