23/06/11

E' Tempo del Piano B - Prima Parte

Ecco cosa dicono apertamente in Germania: analisi approfondita e impietosa di Der Spiegel sui guai della moneta unica.

L'euro sta diventando una minaccia sempre più grande per il futuro dell'Europa. Le catene della valuta comune mantengono unite delle economie che sono semplicemente incompatibili. I politici approvano un pacchetto di salvataggio dopo l'altro e, così facendo, intraprendono un percorso pericoloso che costituirà un fardello per le generazioni future e porterà l'Unione europea indietro di decenni.  - Lo Staff di Der SPIEGEL

Negli ultimi 14 mesi, i politici dei paesi dell'eurozona hanno adottato un pacchetto di salvataggio dopo l'altro, convocato frenetiche riunioni al vertice, discusso su fragili compromessi e corso rischi giganteschi.

Nello stesso tempo, hanno omesso una conclusione importante, e cioè che le cose non possono continuare in questo modo. L'euro vecchio non esiste più nella sua forma originaria, e l'Unione Monetaria Europea non sta funzionando.
Abbiamo bisogno di un piano B.
Invece, chi si trova in posizioni di responsabilità è impantanato nella gestione della crisi, nel tentativo di placare il pubblico e addolcire i problemi. Dicono che c'è solo una crisi di debito pubblico in alcuni paesi della zona euro, ma nessuna crisi dell'euro, citando come prova il fatto che il valore della moneta europea comune è rimasto relativamente stabile rispetto ad altre valute come il dollaro.

Ma se non fosse stato per l'euro, la crisi del debito della Grecia sarebbe stato un problema isolato - una situazione difficile per il paese, ma non per l'Europa. È solo perché la Grecia fa parte della zona euro che i debiti di Atene sono un problema per tutti i suoi partners - e rappresentano una minaccia per la moneta comune.

Se il resto d'Europa abbandona la Grecia, la crisi potrebbe andare fuori controllo, diffondendosi da un paese debole dell'eurozona all'altro. Gli investitori non avrebbero alcuna garanzia che l'Europa non ritirerebbe il suo appoggio anche al Portogallo o all'Irlanda, se si presentasse un momento critico, e venderebbero i loro titoli di Stato. I prezzi di questi titoli crollerebbero e i premi al rischio aumenterebbero. Questi paesi dovrebbero procurarsi capitale fresco pagando alti tassi di interesse, cosa che farebbe solo aumentare i loro problemi di bilancio. E' possibile che non sarebbero più in grado di raccogliere finanziamenti, nel qual caso diventerebbero insolventi.

Ma se la situazione attuale va avanti, l'unione monetaria invariabilmente si trasformerà in una unione di trasferimento, un percorso che gli inventori dell'euro erano determinati ad evitare.

Deficit Democratico

I p
adri fondatori dell'euro non si aspettavano una crisi simile, e quindi non hanno inserito alcuna disposizione in proposito nel sistema normativo dell'Unione monetaria europea. L'euro salda insieme i paesi forti e quelli deboli, nel bene e nel male. Non c'è uscita di emergenza, e non ci sono regole da seguire in caso di emergenza - solo la speranza che tutto alla fine andrà bene. Ecco perché la crisi di alcuni paesi dell'area dell'euro è una crisi dell'euro, così come una crisi dell'Unione europea, i suoi governi e le sue istituzioni. Ed è per questo che la crisi dell'euro è improvvisamente esplosa in una crisi del progetto politico europeo, sul suo futuro e sulla sua coesione.

Il fatto che i paesi che finanziano i salvataggi sono carenti di legittimazione democratica sta diventando il più grande impedimento ad una gestione congiunta della crisi. Sono finiti i tempi delle disquisizioni sul tema se il Parlamento europeo rappresenta i cittadini in maniera equa e proporzionale delle decisioni adottate dal Consiglio europeo, l'organo guidato dal leaders dei paesi membri dell'Unione europea, e dalla Commissione europea, l'esecutivo dell'UE. Quando si fa sul serio, come ora, le decisioni non saranno più prese dagli organi in qualche modo democraticamente legittimati della UE, ma in
riunioni più o meno segrete di una manciata di leaders.

Durante la
tranquilla passeggiata del cancelliere Tedesco col presidente Francese, e nelle discrete riunioni dietro le quinte delle banche centrali, vengono prese le decisioni politiche poi consegnate ai parlamenti perché ci mettano un timbro, anche se quasi nessuno le capisce.

Le costose decisioni che sono prese in via definitiva dai luminari della solidarietà europea non toccano i cittadini degli stati membri in difficoltà soltanto su questioni esistenziali, ma sulla loro sicurezza sociale, il loro lavoro e i loro beni.

Le decisioni dei politici europei sono altrettanto preoccupanti per i cittadini che vivono, come i Tedeschi, dal lato soleggiato dell'unione, i quali sono preoccupati che il loro paese si carichi di un debito che potrebbe rimanere sui libri sino a un futuro molto lontano.

Uno dei motivi per cui gli europei sono così infuriati con i loro rispettivi governi è che
non sono coinvolti nel processo decisionale. Un altro è che inevitabilmente percepiscono i loro leaders politici come motivati da presunti vincoli di fatto e dalle esigenze dei mercati finanziari, senza alcun piano proprio.

La crisi del debito ha già spazzato via due governi, in Irlanda e Portogallo, e presto potrebbero seguire i governi spagnolo e greco. Le cose stanno diventando precarie anche per il governo di Berlino, dove la cancelliera Angela Merkel potrebbe perdere la sua maggioranza parlamentare nel voto sulle imminenti misure di salvataggio.

Resistenza alle Misure di Austerità

O
ggi una crepa taglia in due il continente, tra i paesi che hanno bisogno di sempre più denaro e quelli che sono tenuti a pagare. Con i Greci frustrati contro i Tedeschi e i Tedeschi contro i Greci, i Portoghesi, gli Spagnoli e gli Italiani, il progetto di pace politica dell'unità europea rischia di finire in un grande disputa economica tra le nazioni.

Nei paesi debitori, c'è una crescente resistenza contro il fuoco di fila dei nuovi programmi di austerità, mentre il popolo dei paesi creditori è sempre più irritato per i miliardi di nuovi aiuti. I "cittadini indignati" stanno per le strade di Madrid e Atene, mentre i "
True Finns" acquistano forza nel parlamento di Helsinki. Circa il 60 per cento dei Tedeschi si oppongono ad un nuovo pacchetto di aiuti per la Grecia, e vi è almeno altrettanta forte resistenza tra l'opposizione e i sindacati ad Atene contro gli sforzi del governo per frenare le spese - un presupposto per ulteriori prestiti.
Mercoledì scorso, migliaia di greci hanno organizzato uno sciopero generale inteso a bloccare l'accesso al palazzo del parlamento, dove era in discussione il nuovo programma di austerità. La limousine del primo ministro Georgios Papandreou è stata colpita da arance, e si lanciavano pietre. La polizia ha usato gas lacrimogeni per proteggere i rappresentanti eletti, dal popolo che essi rappresentano.

Per garantire il pagamento della prossime tranche del pacchetto di aiuti europei, Papandreou si propone di mettere insieme un altro pacchetto di austerità del valore di oltre € 6,5 miliardi (9.3 miliardi di dollari) entro la fine del mese. I manifestanti fuori dal palazzo del parlamento, contrari al piano di azione del primo ministro, gridavano: "Ladri, traditori, cosa avete fatto dei nostri soldi?".

Per quanto tempo i cittadini dei paesi deboli dell'euro - Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna - continueranno ad accettare le dure riforme? E per quanto tempo gli elettori dei paesi creditori tollereranno che i propri governi si assumano rischi sempre più elevati per salvare l'euro?

L'Euro è Diventato la Più Grande Minaccia per il Futuro del Continente

La Finlandia è un paese che viene spesso presentato come un modello di successo per gli altri paesi europei, ma il successo della destra populista " True Finns", che ha conquistato il 20 per cento dei voti nelle elezioni parlamentari di aprile, è stata un campanello d'allarme per
l'establishment politico a Bruxelles. Mentre gli euroscettici guadagnano terreno in tutta l'UE, i sentimenti anti-europei sono in crescita anche nei paesi centrali dell'unione, come la Francia e la Germania.

L'euro, creato con l'obiettivo di unire l'Europa in modo permanente, è diventato la più grande minaccia per il futuro del continente. Un crollo dell'unione monetaria porterebbe indietro l'Europa di decenni, assestandole un colpo da cui non potrebbe mai riprendersi, soprattutto con la posizione dell'Europa già minacciata dalle economie asiatiche in rapida crescita. Come un'Europa frammentata riuscirà a prevalere in questa nuova competizione?

È per questo che i politici europei vogliono difendere l'euro a tutti i costi, e che stanno approvando un pacchetto di salvataggio dopo l'altro. Si tratta di guadagnare tempo, sperando che i mercati possano stabilizzarsi e le riforme prendere piede.

Anche la comunità imprenditoriale sta sostenendo i loro sforzi. In una grande campagna pubblicitaria questa settimana, top manager d'affari tedeschi, tra cui il presidente di ThyssenKrupp Gerhard Cromme, il CEO di Siemens Peter Löscher e il CEO di Daimler Dieter Zetsche, promuovono l'unione monetaria e insistono: "L'euro è necessario". Essi sostengono che gli Stati membri in difficoltà devono essere aiutati finanziariamente, e che la moneta comune "vale assolutamente questo impegno."


Parte 2: L'Euro è una Costruzione Falsa

Ma le cause della crisi dell'euro sono più profonde. L'unione monetaria è costruzione falsa, su cui non si può contare, come ha detto un certo numero di economisti fin dall'inizio. L'economista americano Milton Friedman, ad esempio, ha predetto che l'euro non sarebbe sopravvissuto alla sua prima grande crisi, e più tardi, nel 2002, ha aggiunto: "Eurolandia crollerà tempo 5/15 anni".

Per queste ragioni, la crisi dell'euro, per quanto improvvisa, era anche attesa. Tuttavia, gli avvertimenti erano stati ignorati e trattati come un fastidio di poco conto. Più che altro, l'euro è stato un progetto politico. I suoi sostenitori, in particolare l'allora cancelliere tedesco Helmut Kohl e il presidente francese François Mitterrand, hanno voluto unire in modo permanente i paesi centrali del continente e incorporare la Germania, che molti paesi limitrofi percepivano come una minaccia dopo la riunificazione, nella comunità europea.

I politici speravano che, a seguito della moneta comune, il problema di fondo del disegno della moneta unica si sarebbe risolto da sè, e cioè che gli Stati membri quasi automaticamente si sarebbero stabilizzati con lo stesso ritmo di sviluppo economico.

E' stata una speranza illusoria. In realtà, erano solo i tassi di interesse che convergevano, perché la Banca centrale europea (BCE) fissava dei tassi uniformi per i soci forti e deboli, uguali in tutta la zona economica. Come risultato, una grande quantità di capitale scorreva verso Spagna e Irlanda, dove si sviluppava una bolla immobiliare, mentre i greci e i portoghesi erano messi in grado di vivere senza vergogna al di sopra dei propri mezzi. Hanno importato più di quanto esportavano e acceso nuovi debiti per pagare i loro consumi.

Questo comportamento ha continuato senza sosta fino a quando la crisi finanziaria vi ha posto fine. Improvvisamente i soldi erano pochi. Le bolle in Irlanda e Spagna sono scoppiate, l'economia della zona euro è crollata, e i Greci sono stati costretti ad ammettere che i loro debiti erano molto più alti di quanto non avessero mai rivelato prima - e che avevano falsificato i loro conti fin dall'inizio e , quindi, non avrebbero dovuto essere ammessi a partecipare all'unione monetaria.

L'Euro ha Messo all'Angolo l'Europa?

Da allora, l'unione monetaria è stata sull'orlo del collasso. Lungi dal crescere insieme economicamente, l'Europa infatti è cresciuta ancora di più settorialmente. Di conseguenza, le probabilità che l'euro possa sopravvivere nella sua forma attuale sono più esili che mai. I politici che ignorano le leggi dell'economia nel lungo periodo non possono rimanere impuniti.

Se le monete nazionali esistessero ancora, paesi come Grecia e Portogallo potrebbero ricorrere a un mezzo efficace per ridurre la loro mancanza di competitività. Potrebbero semplicemente svalutare la loro dracma o il loro escudo, e poi le leggi della domanda e dell'offerta potrebbero fare in modo di deviare il flusso di merci.

I prezzi dei prodotti Greci e Portoghesi scenderebbero per renderli più commerciabili all'estero. Allo stesso tempo, i soldi varrebbero di meno ad Atene e Lisbona, in modo che i residenti di quei paesi potrebbero permettersi di acquistare meno beni importati. Ciò sarebbe utile per la bilancia commerciale. Le esportazioni aumenterebbero e così si avrebbero entrate in valuta estera, per consentire ai paesi di servire i loro debiti in modo più efficace. Non il governo ma i mercati potrebbero ridurre gli squilibri economici.

Ma in una unione monetaria, il tasso di cambio non è più disponibile come valvola di regolazione. Al contrario, i paesi membri devono recuperare la loro competitività in diversi modi, e cioè imponendo dure misure di austerità e di riduzione dei salari e dei prezzi. In una unione monetaria, spetta ai governi di imporre ciò che in un sistema di valute concorrenti sarebbe provocato dal movimento del tasso di cambio.

Cavarsela in qualche modo

Se falliscono, la montagna di debito continuerà a crescere. Alla fine, un paese con un deficit di grandi dimensioni ha tre opzioni. In primo luogo, può dichiararsi insolvente e, dopo la ristrutturazione del debito, tentare di ricostruire la sua economia. In secondo luogo, può anche ritirarsi dalla unione monetaria e reintrodurre la sua moneta nazionale. In terzo luogo, può convincere i paesi creditori ad andre avanti con nuovi prestiti, in modo da offrirgli un finanziamento permanente.

Da più di un anno ormai, i governi europei stanno praticando una quarta opzione: cavarsela in qualche modo.

E in questo tempo, i politici hanno rassicurato i cittadini che questo approccio è l'alternativa, e che finirà per non niente costare ai contribuenti, perché i paesi in difficoltà sapranno ripagare il debito, con interesse e interesse composto, una volta che saranno stati salvati. In realtà, essi sostengono, il tutto è anche un buon business per i soccorritori.

La verità è che i governi e i cani da guardia monetari, nonostante sostenessero tutto il contrario, hanno continuato ad espandere i programmi di salvataggio, costruendo enormi rischi che potrebbero significativamente pesare sulle generazioni future, e hanno violato sia i trattati europei che i ferrei principi della BCE .

Ad oggi, la storia del programma di salvataggio non è stata un successo. In realtà, è più che altro una storia di errori e promesse non mantenute.

'Non ci saranno fondi di bilancio per la Grecia'

Il 1 ° marzo 2010, il portavoce del Cancelliere Merkel ha detto: "Un no chiaro. Non ci saranno fondi di bilancio per la Grecia.» A quel punto, Atene era sull'orlo della bancarotta, e politici Tedeschi di centro-destra dell'Unione Cristiano Democratica (CDU) e pro-business del Partito Liberale Democratico (FDP) suggerivano che il paese svendesse alcune isole.

Il 2 maggio, i paesi dell'euro e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno approvato un pacchetto di salvataggio da 110 miliardi di € per il paese sotto assedio. Anche se la parte tedesca dei prestiti veniva dalla banca KfW di proprietà del governo e non dal bilancio, il governo federale communque faceva da garante. Ogni euro che i Greci non rimborseranno costituirà un onere per il contribuente tedesco.

E' stato il primo sbaglio, la prima violazione dei trattati europei, che escludono categoricamente pagamenti ai paesi bisognosi di fondi. Questa cosiddetta clausola no-bailout era intesa a garantire che l'unione monetaria non diventasse una unione di trasferimento, e che il forte non avrebbe dovuto pagare per i deboli. E' stata fondamentale per l'accettazione del trattato da parte dei parlamenti nazionali, senza la quale il parlamento tedesco, il Bundestag, non avrebbe accettato l'unione monetaria.

Il secondo sbaglio si è verificato poco dopo. Il 9 maggio 2010, è stato varato il primo fondo di salvataggio dell'euro. Anche se il volume di ben € 440 miliardi da solo diceva tutto, Merkel e il Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble hanno cercato di minimizzare l'importanza del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (EFSF). Essi hanno insistito che il fondo era puramente una precauzione, che potrebbe non essere utilizzato e, soprattutto, era temporaneo.

"Un'estensione del fondo di salvataggio non ci sarà", ha detto Merkel a Bruxelles il 16 settembre 2010. Anche questa promessa è durata solo pochi mesi. Il 25 marzo 2011, i leader della zona euro hanno approvato un nuovo meccanismo permanente per far fronte alle crisi. Anche se ha un nome diverso, Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), funzionerà sulla base dello stesso principio del fondo suo predecessore, il EFSF, a partire da metà del 2013. I paesi della zona euro mettono 700 miliardi € per il fondo, e ai tedeschi verrà chiesto di pagare almeno € 22 miliardi. Per farlo, la Germania dovrà fare debiti.

L'Esito è Molto Vicino ad una Unione di Trasferimento

Come se non bastasse, a marzo gli Stati membri della zona euro hanno inoltre convenuto che sia il fondo di salvataggio in corso, il EFSF, che il suo successore, l'ESM, saranno autorizzati ad acquistare titoli di Stato da paesi candidati al fallimento con basso rating. Di conseguenza, i paesi che vivono al di sopra dei propri mezzi non saranno più puniti con alti tassi di interesse, e i meccanismi di mercato saranno elusi. Anche Michael Meister del Cdu, uno dei massimi esperti di politica finanziaria fedele alla Merkel, dice: "Il risultato si avvicina molto ad una unione di trasferimento, che noi rifiutiamo".

Rappresentanti del governo di coalizione della Merkel si sono superati l'un l'altro nel chiedere sanzioni severe per i paesi che violano le regole del deficit della zona euro. Si parlava di eliminazione del diritto di voto, del congelamento delle sovvenzioni dell'Unione europea come quelle del cospicuo fondo agricolo, e come ultima disperata soluzione, anche di esclusione dall'unione monetaria.

Soprattutto, però, le sanzioni avrebbero dovuto essere applicate automaticamente in futuro, quando deficit di bilancio di un paese avesse superato il tre per cento del suo prodotto interno lordo. "Sosteniamo il maggior automatismo possibile", ha detto Merkel nel settembre 2010.

Dopo una passeggiata con il presidente Francese Nicolas Sarkozy nella località balneare francese di Deauville, il cancelliere ha abbandonato la posizione per la quale il processo di disavanzo doveva essere attivato automaticamente. Al contrario, prima devono mettersi in moto i Ministri delle Finanze della zona euro, il che significa che ogni decisione sarebbe soggetta al solito mercanteggio di Bruxelles.

2 commenti:

  1. L'articolo descrive quello che è successo fino ad oggi ma non ci dice niente su quello che succederà domani, quindi è un po inutile. Io resto fedele al grandissimo Milton Friedman, giustamente ricordato nell'articolo e che i keynesiani e i loro amici burocrati consideravano una specie di svitato (tempo qualche anno poi si è visto com'è andata a finire): abbandono dell'euro da parte dei paesi deboli e ritorno alle loro valute nazionali, ridenominazione del loro debito nella valuta svalutata (stile argentina) più eventuali haircut(un default anche se lo chiameranno con 50 altri nomi), nazionalizzazione di tutto il sistema finanziario dei paesi deboli e in parte anche di quelli forti a causa dell'esposizione ai deboli delle loro banche..., nuova crisi economico molto forte a seguito di quella finanziaria e forte ritorno dello stato in economia con effetti devastanti nel medio-lungo termine, mentre nel breve tutti lo invocheranno pensando che risolva i problemi mentre in realtà li peggiora... come questo articolo ha ben spiegato. In ogni caso prevedo che le famose riforme lacrime e sangue ci saranno comunque nei piigs, solo che invece di colpire gli statali colpiranno ancora di più i privati ossia quelli che tengono su la baracca, e che il livello medio del benessere calerà molto nei prox anni! purtroppo calerà soprattutto su chi non lo merita mentre chi lo meriterebbe vedrà il proprio benessere sostanzialmente invariato. Questa è la mia previsione! LucaS

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  2. Luca, questa è solo la prima parte. Degli scenari futuri si parla nella seconda...;)

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